Banco di Solidarietà Madre Teresa Onlus
Sono 146 le famiglie assistite: 547 persone, 183 sotto i14 anniIl BdS Madre Teresa onlus con i suoi 290 volontari che operano in più di 30 comuni assiste 146 famiglie, 547 persone di cui 183 di età inferiore ai 14 anni.
I volontari portano quindicinalmente un pacco di alimenti direttamente a casa degli assistiti, con un duplice risultato: un reale coinvolgimento con la famiglia assistita e la nascita di un’amicizia; questo consente di avere una realistica visione d’insieme delle difficoltà in cui le persone aiutate si dibattono.
Infatti, appare chiaro che il bisogno alimentare è solo un aspetto e che la consegna degli alimenti, pur essendo utile, non è sufficiente a sostenere le famiglie. Queste hanno bisogno di essere aiutate a superare altre criticità: la difficoltà di gestione del budget familiare, dei conflitti di coppia e genitoriali, ma soprattutto hanno bisogno di non sapersi soli, che poi, è il bisogno di ogni uomo.
La testimonianza di un volontario
“Cosa mi porto a casa io da questa esperienza?” è la vera domanda
L’ultimo periodo ha costituito per me una novità assoluta all’interno dell’esperienza di caritativa (e, di riflesso, nella vita).
Ho iniziato a ‘portare il pacco’ sei anni fa, spinto dal desiderio di continuare l’esperienza positiva della caritativa fatta in università. Però la caritativa del banco ha una forma assai diversa, e fin dalle prime visite alla famiglia è emerso chiaramente che ‘portare il pacco’ non si può ridurre al momento bisettimanale di consegna degli alimenti, perché di fronte si hanno delle persone, con le quali inevitabilmente si entra in rapporto, e dove di fronte alle continue manifestazioni di bisogno non è possibile tirarsi indietro.
E così già dopo un mese ero alla ricerca di un camion. Il camion serviva per andare a Lecco dal mio amico Nicola, a prendere dei materassi da sostituire con quelli fatiscenti sui quali avevano dormito fino ad allora.
Poi è emersa la necessità di cambiare il mobilio della cucina. Tra mille telefonate e ricerche presso amici, parenti e colleghi, alla fine siamo riusciti a mettere insieme una composizione di mobili ed elettrodomestici che, sebbene non fosse esteticamente apprezzabile, ha permesso loro di iniziare a cucinare in un ambiente sano, senza sporcizia né insetti.
Poi ancora alla ricerca di un lavoro per la figlia, del miglior medico per le cure della madre, del miglior chirurgo per eseguire l’operazione alla mano del figlio (in seguito ad un incidente stradale in moto)..., insomma mille problemi a cui cercare una soluzione, infiniti bisogni a cui cercar di dar risposta.
Un anno e mezzo fa ho cambiato la famiglia a cui porto il pacco: io e Martino abbiamo iniziato a seguire una famiglia dell’Est (padre, madre e due bambini).Il padre, muratore per 20 anni in una impresa edile, è stato licenziato – come altri suoi colleghi – perché l’impresa è andata in rovina.
Anche qui, sin da subito, ci attiviamo per rispondere al bisogno: nel caso specifico, trovare un lavoro ad Adrian, visto che, senza stipendio e con un affitto da pagare sempre più in arretrato, stava iniziando a pensare di tornare al paese natale per coltivare un campo di patate (ci disse:”almeno così qualcosa da mangiare per i bambini lo avrò sempre”)
Attraverso alcuni amici, entro in contatto con alcune persone, le chiamo, recupero altri riferimenti e alla fine salta fuori un posto di magazziniere a tempo indeterminato! Il giorno seguente mi chiama Adrian dicendomi che era stato contattato per quel posto, ma che aveva già rifiutato perché, facendo un calcolo (chissà poi quale) dei costi della benzina per coprire il tragitto casa-lavoro-casa, aveva giudicato che non ne valeva la pena. A nulla sono serviti i nostri consigli (se non forti suggerimenti) di provare a fargli capire che di fronte ad una famiglia che non ha da mangiare non ci sono calcoli che tengano.
Dopo tre settimane troviamo un altro lavoro. Entro in contatto (sempre dopo mille telefonate) con un imprenditore del nord-est di Milano. Gli dico: “c’è un muratore che, insieme alla sua famiglia, sta morendo di fame. Ha problemi di alcol perciò non farai magari un affare a prenderlo, ma sicuramente farai un’opera di bene”. L’imprenditore accetta di incontrare Adrian. Io, tanto per essere sicuro, faccio raccomandare Adrian anche da altre persone che conoscono l’imprenditore. Il giorno del colloquio Adrian non si presenta; quando lo chiamo mi dice che aveva perso la strada ed era tornato indietro. Faccio di tutto per organizzare un nuovo appuntamento: Adrian ci va, ma l’imprenditore mi chiama al termine dell’incontro dicendo che Adriano era arrivato in ritardo e in condizioni impresentabili.
L’imprenditore ritira la sua disponibilità, forse compirà la sua opera di bene verso qualcun altro che se la merita di più... Anch’io ritiro la mia, non ne posso più, sono stufo e deluso. Che senso ha faticare e impegnarsi per risolvere i problemi degli altri, se poi questi non si risolvono? Perché ostinarsi a rispondere al bisogno altrui? Perché aggiungere alla giornata altri pesi e problemi, quando già nella vita normale di per sé ce ne sono tanti?
Di fronte a queste domande non arrivano risposte e inizio a considerare seriamente l’ipotesi di andarmene e abbandonare il gesto della caritativa.
Poi succede qualcosa: non una risposta, ma un cambio della domanda. Non più “cosa posso fare io per queste persone?” ma “cosa mi porto a casa io da questa esperienza?”Sembra un miracolo, questo semplice cambio della domanda fa emergere con nettezza la bellezza e la positività dell’andare a ‘portare il pacco’, che c’era anche prima, ma che non vedevo.
Come prima cosa, mi accade di accorgermi della semplicità di cuore di Adrian e della sua famiglia, che, seppur in condizioni sventurate, non si lamentano mai di quello che manca (a differenza mia che, in condizioni nettamente migliori, mi ritrovo spesso a lagnarmi per il fatto che vorrei una casa più grande, meno problemi al lavoro, più obbedienza dei figli…). Adrian vive sereno, in trepida attesa della nostra visita ogni due settimane, contento di dare risposta al suo desiderio di essere oggetto di amore, che ci dimostra con forti abbracci non appena facciamo ingresso in casa sua. Noi siamo lì per lui, gli vogliamo bene, e questo è quello di cui lui ha bisogno, questo è il suo bisogno. E quando me ne torno a casa penso spesso che quello che vedo in lui vale anche per me, che anche per me tutti i desideri materiali puntano ad un unico grande desiderio, che anch’io nella vita, in fin dei conti, voglio essere oggetto di amore e trovare una presenza su cui poggiare.
Adrian qualche mese fa ha trovato lavoro. Fa il muratore in un grande cantiere di Milano.Paradossalmente quando io ho smesso di cercare di rispondere al bisogno, lui ha preso iniziativa. Mi è risultato evidente che niente è in mano mia e che le cose accadano secondo un progetto più grande. L’aspetto ancora più ironico è che Adrian sul lavoro è molto apprezzato, è richiesto dagli altri capi-cantiere delle ditte subappaltatrici, è considerato instancabile, preciso, dedito al lavoro, affidabile!
Adrian per noi non è più un ‘assistito’, anzi è diventato un amico.Ci vediamo a cena, ha conosciuto i nostri amici, viene alle feste e agli incontri della comunità…insomma condividiamo la vita, e ciò da quando abbiamo iniziato a condividere con lui il bisogno che ci accomuna, quello di sperimentare continuamente l’abbraccio di una presenza che ci vuole bene.
Alberto B.
Carate Brianza
BANCHI DI SOLIDARIETÀ
«Una società senza Cristo è, essenzialmente, una società che senza che ce ne accorgiamo atrofizza il nostro rapporto con Cristo, lo rende muto ed in incidente sulla nostra vita personale e su quella sociale. Lo riduce a momenti di religiosità emotivi o sentimentali o, peggio, a degli schemi comportamentali».
Sabato 6 novembre, si è svolta a Milano la VII Assemblea della Federazione Nazionale Banchi di Solidarietà, con il presidente, Andrea Franchi, e don Eugenio Nembrini. In allegato il Pdf degli interventi.
- 657.doc 82KBInterventi Assemblea BdS 2010